lunedì 31 marzo 2008

Giancarlo - Vola Ciampino

Le possibilità – come i giorni – sono trecentosessantacinque più una, quella del 29 febbraio.
E dove cade la scelta della Vola Ciampino? Ma sul 30 marzo, naturalmente, il giorno indicato da quei quattro pasticcioni dell’Unione Europea per il varo dell’ora legale, evento che la città della maratona più pazza del mondo ha deciso di snobbare con regale indifferenza...
Ma siccome quando il gioco si fa duro, i duri (sic…) giocano, allora si parte: sveglia da marines, appuntamenti da amanti, percorsi che nemmeno il Tom-Tom, per arrivare con un’ora e mezzo di anticipo (UN’ORA E MEZZO DI ANTICIPO!!!), sulla linea di partenza.
La partenza ( a deciderlo è sempre quel burlone dell’ora legale?) è in curva. E dietro la curva s’affaccia una strada a imbuto con due file di auto parcheggiate: così i duemila pronti allo scatto dopo trenta metri si ritrovano scompostamente abbracciati mentre annoiate signore in vestaglia li guardano con sufficienza dalle finestre del condominio a sette piani che incombe. Duecento metri più avanti c’è il passaggio per i tempi: però manca il tappeto che li rileva, i tempi. E allora il vezzoso laccetto legato alla caviglia donato insieme all’accappatoio? (ACCAPPATOIO…?), a che serve? Niente. Serve a niente, naturalmente. Lo intuisci già dall’inizio, ma te ne rendi conto solo alla fine, quando ti consegnano il pacco-pranzo della “Vola Ciampino” (pure sul nome si avverte l’estrosa fantasia del tizio dell’ora legale…), senza chiederti indietro il laccetto con il chip. “E il laccetto, non lo volete?”, chiedo stupido e stupito. “Laccetto…? Quale laccetto?” è la risposta che ti lascia ancora più stupido e stupito. Ma la gara è la gara: per quattro chilometri fatichi tra auto che cercano un varco, automobilisti che cercano un pretesto, giovani e vecchi che cercano di attraversare la strada e poi riattraversarla e poi riattraversarla di nuovo schivando i maratoneti ansimanti. Al quinto chilometro ecco il rifornimento: è un’idea come un’altra. Sembra il banchetto della limonata con quella decina di bicchieri tristi sistemati sul tavolino da spiaggia.
A cinquecento metri dall’arrivo l’altoparlante gracchia come a una finale del Maracanà e per un momento pensi di essere un vero atleta a una vera maratona. Taglio la linea del traguardo a fianco di un maratoneta in età avanzata: alza le braccia al cielo ripagando me e gli altri presenti – se non altro – almeno del prezzo dell’iscrizione. Poi viene infilato – lui e tutti noi – in un corridoio da questura, tra due file di transenne dove t’aspetti che spunti il celerino pronto a centrarti col manganello. Sbuccio l’arancia e ciondolo verso il parcheggio. Stefano (41’) e Giovanni (48’), sono già lì. Tra i loro tempi e quelli di Francesco (52’) e Sergio (poco sopra l’ora), ci sono i miei 51’.
La giornata è magnifica. Però - aeroporto per aeroporto - il prossimo anno a Fiumicino…?

Ciao, Giancarlo


Ps – Baba O’Riley lo comprai qualche decennio fa. Poi forse l’ho perso, o l’ho prestato… E l’ho ricomprato qualche anno fa, in un negozio di dischi a New York…

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