lunedì 30 novembre 2009

Settimana dal 23 al 29 Novembre

24/11 - 30 risc. + 15 x 100 in salita in 21' + 2 km a 4'30
Buon lavoro fatto con Roberto sulla salita del Picchio Rosso.




27/11 - 30 risc. + 4 x 1500 in 4 10" rec. 500 mt in 2 30" + 10 scar.
Corso al campo Paolo Rosi venerdi ora di pranzo. Giornata caldissima con la pista d-atletica pienissima.
Ormai sto diventando un frequentatore assiduo ed incontro sempre amici e conoscenti, frequentati in altri ambiti, che sono caduti nella trappola.
Tutti convinti, io per primo, a sudare in mutande e canotta. Spero sempre che ci sia pochissimo pubblico. Penso alle mamme sulle gradinate in attesa dei figli che frequentano il corso di atletica costrette a vedere -sti vecchi che pensano di fare chissa che cosa.
Correre sulla strada da una impressione diversa a chi ti vede rispetto a quando sei su una pista. Per strada ti vedono per un attimo. Sulla pista, magari vai a 4 a km, ma per chi ti guarda , l'immagine e' poco piu che statica.



Cape Cod, un posto fantastico. Ci sono stato qualche anno fa con mia moglie a casa di un amico fraterno. A poche ore di macchina da Boston si arriva in questa penisola del Massachusetts che si affaccia sull'Oceano Atlantico ed e' circondata dalle isole di Martha Vineyard e Nantucket rese famose dal romanzo Moby Dick. Due volte l'anno c'e' il passaggio delle balene. La spiaggia e' bianca ma con i colori dell'oceano. Tutto questo mi e' tornato in mente guardando questo video>
Vampire Weekend _ Cape Cod kwassa kwassa

martedì 24 novembre 2009

Blog in prestito - Marco a NY - 2

seconda parte
.............Il primo tratto è in forte salita. La pendenza maggiore di tutta la maratona. Io cerco di controllare il passo, temo l’arrivo dei dolori che mi hanno tormentato fino all’ultimo allenamento. Primo km a 5’43”, secondo 5’08” mentre finisce la salita ed iniziamo a discendere verso Brooklyn; terzo km a 4’28”. Due ali di folla ci accolgono entusiaste all’uscita dal ponte. Le prima band ci saluta con un forsennato ritmo rock che ti fa andare le gambe per conto loro. GO MARCO GO!! La strada è dritta, le gambe girano bene, non si fatica a tenere il passo. L’entusiasmo di tutti è alle stelle.
Acquisto sempre più sicurezza. Al 5° km il Garmin segna 25’19”, al 10° km 50’07”. Il ritardo del ponte è recuperato. Dolori leggeri alle gambe ed alla pianta del piede sinistro. Li sento, ma non voglio sentirli, cerco di bloccarli, di non farli arrivare al cervello. La folla forma due muri fittissimi ai lati della strada. La gente urla in continuazione, mostra cartelli e striscioni di incoraggiamento, bandiere della nazionalità del proprio parente o amico che sta cercando di compiere l’impresa.
La mia maglia con la scritta “ITALIA” ed il nome Marco disegnato da mia figlia su un adesivo attaccato davanti, richiamano gli incoraggiamenti di tanti. Altre band si alternano sul percorso suonando i più diversi generi musicali. Mi emoziona particolarmente un coro Gospel sul sagrato di una chiesa, una grande orchestra di musica classica composta tutta da ragazzi giovanissimi. Un gruppo di vocalists di colore con strepitose voci che sovrastano le urla della folla. Si attraversa il quartiere polacco, poi arrivo al 15° km con il tempo di 1,14’51”. Sto correndo tranquillamente sotto i 5’ a km. Nonostante i continui saliscendi i dolori alle gambe sembrano svaniti. Resta il piede, ma è sopportabile. Qui supero due ragazzi in carrozzina che, avanzando di schiena e spingendo con i piedi, cercano di coprire la distanza. Sono momenti in cui la sfera emozionale è più sensibile e vulnerabile del consueto. Mi viene da piangere. Non posso non chiedermi perché, rispetto a loro, sono così fortunato. Arriveranno al traguardo anche loro. Al 20° km il mio tempo è 1,39’38”. All’inizio della gara pregavo solo di arrivare. Adesso comincio a fare i conti su come potrei chiuderla. Certo non sto andando a 4’50” come avevo programmato, ma sto comunque mantenendo il ritmo sotto i 5’. Se continuo così scendo sotto le 3,30’.
Passo la mezza maratona in 1,45’11” (corrisponde al miglio 13,1). Attraversiamo il Pulaski Bridge ed entriamo nel Queens, il terzo dei cinque quartieri che percorreremo durante la gara.
C’è meno gente ai lati della strada. Il cielo è sempre grigio. Ogni tanto arriva qualche folata di vento più forte e freddo, ma non piove e continuerà così fino alla fine.
Intanto anche il Queens finisce e ci troviamo di fronte il terzo ponte, il Queensboro Bridge. E’ lungo: più di un chilometro di salita, ed altrettanto di discesa. Non finisce mai, ma è qui che si fa la gara. Io lo so! Lo aggredisco – se così si può dire alla mia velocità - con passo corto e veloce, non voglio perdere il ritmo. Tanta gente si ferma o cammina su questo tratto di gara. Qui morì un cinquantenne di infarto l’anno scorso. Cerco di non pensarci e vado avanti. Adesso non parla più nessuno. Si sente solo il rumore di migliaia di passi, alcuni leggeri, altri pesanti. Cerco di incoraggiare a correre quelli che si fermano, specie se sono italiani. A metà ponte c’è il km.25 che passo segnando 2,05’05. ho perso qualche secondo e adesso sono esattamente nella media di 5’ al km. Se voglio scendere sotto le 3,30’ non posso perdere più niente. Adesso c’è una bella discesa e il ponte finisce con una grande curva bordata di balle di fieno, nel caso qualcuno, sullo slancio, dovesse andare dritto. Non è il mio caso! All’uscita del ponte il boato della folla!. Siamo arrivati a Manhattan. Di nuovo due ali fitte di teste che ci incitano a correre. E’ un frastuono assordante, inaspettato, quasi ti stordisce. Iniziamo a percorrere il lungo rettilineo della First Avenue. E’ un leggero e continuo falsopiano. La stanchezza si fa sentire adesso. Le gambe cominciano ad appesantirsi. E’ il momento di concentrarsi per non perdere il passo. Io non posso perdere neanche un secondo. Al 18° miglio c’è la mia famiglia che mi aspetta. Mi faccio vedere più pimpante di quello che in realtà sono. Riesco a vedere solo mia moglie. Silvia e Vittoria restano inghiottite dalla folla. Giovanni si è arrampicato su un palo della luce per fotografarmi meglio. Il risultato sarà una foto di schiena, testimonianza tangibile della mia partecipazione e delle abilità fotografiche dei miei familiari. Intanto arriva il 30° km. che passo a 2,29’52”. Ho recuperato qualcosa. Sono sempre in tempo per il mio obiettivo di oggi. GO, MARCO GO!! Non mollare adesso! Concentrati sul passo, sul ritmo, sul movimento. Questo dolore al piede non mi riguarda, non lo sento, non influisce sulla scioltezza della corsa.
Adesso c’è da affrontare il quarto ponte, il Willis Avenue Bridge, quello che porta nel Bronx. Il fondo a grate metalliche è massacrante, talmente fastidioso che hanno steso della moquette su alcuni tratti della sua superficie. Una mano santa per il mio piede!. Riesco comunque a mantenere il ritmo, lo passo rapidamente e proseguo nel breve attraversamento del malfamato quartiere - dal 20° al 21° miglio della gara - che ci omaggia comunque con altre bands scatenate.
Supero un runner con la scritta “ sto correndo per chiuderla in 3,30’”. Allora posso ancora farcela!! Ma sarà l’ultima volta che lo penserò! Adesso è ora di rientrare a Manhattan. Passiamo il quinto ponte, il Madison Avenue Bridge e cominciamo a percorrere la Fifth Avenue che ci porterà a Central Park. Passo il 35° km. segnando 2,55’46”, cioè 46 “ oltre l’obiettivo. Mi avvilisco. Il piede sinistro mi fa sempre più male. Il movimento, non più fluido, mi sta irrigidendo il polpaccio che adesso minaccia un crampo. Tanti runners si fermano, camminano, alcuni si sdraiano e chiedono aiuto in preda ai crampi.
Ancora uno sforzo, mancano solo 6 km al traguardo, non posso mollare. Cerco di ridare fluidità al movimento, ma sento le gambe sempre più di legno. Non è il classico “muro” del 30° km, che ti fa sentire senza energia. I lunghi che ho fatto stanno dando i loro frutti e la forza c’è ancora; sono le gambe che rifiutano di mantenere il passo. E la paura del crampo. In lontananza vedo del verde. Sarà Central Park? Ancora no! Questo è il “Marcus Garvey Memorial Park”. Affinché non diventi il “Marcus Bruno Memorial Park”, raddrizzo la schiena, mi concentro sul movimento, sul passo, cerco di cancellare il dolore del piede escludendolo dai miei pensieri. Imploro le mie gambe di non lasciarmi in asso proprio adesso. E’ incredibile quello che la mente fa fare al corpo, quando vuole. Faccio un km a 5’08”, uno a 5’13” poi, inaspettatamente, mi ritrovo un’altra salita, anzi, due miglia di salita!. Non me la ricordavo questa!! Di nuovo mi scoraggio. Ormai non ce la faccio più. Faccio un tempo peggiore dell’anno scorso. Non è possibile! Cerco il movimento delle gambe e dei piedi. Non è una salita ripida ma è continua, inesorabile, interminabile. Faccio un km a 5,22, un altro a 5’38”. Barcollo ma non mollo. Cioè mollo, ma non del tutto. Finalmente entro a Central Park. I miei mi vedono, mi chiamano, ma me lo diranno dopo perché io non li vedo né li sento. Central Park ci accoglie con una leggera discesa. Cerco di far girare le gambe, ma non ne vogliono sapere. Il 40° km a 5’16, poi ancora salita. Il 41° km. a 5’30”. E’ il colpo di grazia al tempo finale, ma posso ancora chiuderla con un tempo migliore di quello dell’anno scorso!!!, Nell’ultimo, interminabile, tratto do tutto. Mi vengono in mente le parole di Marcello: “oggi non si fanno prigionieri!” Rivado, con il pensiero, a tutti i sacrifici degli ultimi mesi in funzione di questa gara, le corse in solitudine, le sveglie presto la mattina. I lunghi con il caldo. I consigli e i programmi di allenamento del coach, le sedute di fisioterapia, le ripetute, i medi a Villa Glori, il ghiaccio tutte le sere, il tempo rubato alla mia famiglia per questa amante che si chiama “corsa”, a volte crudele, a volte generosa, alla quale non possiamo comunque rinunciare e che ci fa sentire così liberi e vivi.
Reagisco ancora una volta. Ormai devo solo arrivare. Vedo lo striscione dell’ultimo miglio. Ma non è quello del condannato a morte. E’ il “mio” ultimo miglio, diviso tra fatica, sudore, dolore e la gioia infinita di un traguardo tanto atteso. E’ un miglio che corri sospeso in una dimensione quasi irreale, difficile da ricordare e da descrivere. E’ la vittoria di questa piccola grande guerra combattuta dentro e fuori. E’ il traguardo. 3,34’50” segna il mio Garmin. Tre minuti meno dell’anno scorso. Va bene così! Sono un “FINISHER”! Mi mettono la medaglia al collo, mi fanno la foto di rito, mi mettono la copertina di alluminio sulle spalle, mi danno da bere, mi fanno camminare per quasi due miglia fino a recuperare la borsa con il cambio asciutto. Esce anche un raggio di sole. Sono circondato da facce scavate, distrutte ma raggianti. Occhi lucidi dall’emozione, dalla gioia. Mi viene incontro Dario. Come è andata?? Siamo Finishers! Abbiamo vinto!
Marco

lunedì 23 novembre 2009

Blog in prestito - Marco a NY - 1

Come accennavo nel post precedente, a forza di sentire racconti e richieste da parte di amici, parenti e conoscenti se avevo corso la Maratona di New York, ho deciso di dare spazio ad un amico. Marco, reduce dalla gara di quest'anno, ha scritto un lungo resoconto della sua corsa e mi fa molto piacere pubblicare il suo racconto.
Nel mandarmelo si è giustificato rispetto all'enfasi di alcuni passaggi scritti sotto gli effetti della botta adrenalinica dei giorni successivi. Le sensazioni sono difficili da riportare sulla carta e penso che abbia fatto un ottimo lavoro, sicuramente apprezzabile da chi le maratone le corre veramente e ha così l'occasione di vivere o rivivere una gara diversa da tutte le altre .

Questa è la prima parte.

La mia ING NEW YORK CITY MARATHON 2009

Una notte agitata. Come tutte le notti prima di un grande evento. Continuo a rigirarmi nel letto. Ogni tanto apro gli occhi per controllare quanto manca alla sveglia. Sempre a pensare se abbia preparato tutto. Sempre a controllare se i dolori alle gambe, che mi hanno accompagnato per questi mesi, stiano migliorando. Brandelli di sonno prima del fatidico suono. E poi, finalmente, arriva l’ ora di alzarsi . E’ il grande giorno, E’ ora di andare a correre la maratona di New York.

Sono le 4,30 del mattino. Mi vesto quasi in trance controllando e ricontrollando le scarpe, i lacci, il chip se è attaccato bene, il pettorale, la borsa del cambio da mandare all’arrivo, le malto destrine.

Un caffè bollente, fette di pane tostato e marmellata, poco latte e ancora caffè. Sono pronto.

Mi sento come un guerriero prima della grande battaglia. Saluto mia moglie che mi segue come un’ombra negli ultimi preparativi e poi mi raccomanda, un po’ preoccupata, di non esagerare, di evitare l’infarto!! Esco per strada quando è ancora buio pesto. Non fa freddo. Una pioggia fina fina che quasi non bagna. New York è già popolatissima a quest’ora. Vado verso la subway. Quest’anno niente taxi o pullman di lusso per raggiungere la partenza. Uso i mezzi pubblici come tutti gli americani. Ora non sono più solo. Nella metro, ad ogni fermata, continuano a salire maratoneti di tutti i paesi, di tutte le età, ognuno con il proprio sacchetto UPS a tracolla con il cambio del dopo gara. Visi assonnati, sguardi fissi, concentrati, eccitati, nervosi, quasi scavati.. Nessuno riesce a stare fermo. Qualche fermata ancora e finalmente torno in superficie, all’attracco dei ferry boats per “Staten Island”. Mi immergo in un fiume di persone, tutte con la stessa meta, mi lascio trascinare senza fretta verso il traghetto. Lentamente, ordinatamente, il flusso viene convogliato sul ferry appena arrivato. Parte alle 6,30. Seduto, guardo l’orizzonte che da plumbeo diventa leggermente rosato. E’ l’alba. Ancora piove, ma quel chiarore lontano fa ben sperare. I grattacieli di Manhattan ancora illuminati che si allontanano, la statua della libertà, i gabbiani che planano sulla scia del traghetto e Staten Island che lentamente si avvicina. E’ ora di scendere. Ho un nodo allo stomaco. Non capisco se sia la tensione, la fame o se sia una esplicita protesta per il caffelatte della colazione. Il fiume dei runners si raccoglie di nuovo ordinato e viene convogliato e poi smistato sulle navette che ci aspettano in fila fuori del porto e subito dopo ci trasportano a “Fort Wadsworth”.

Scesi dalla navetta, l’attesa per entrare nel forte è lunga, ma dopo quasi un’ora in fila indiana, controllo borse e controllo pettorali riusciamo ad entrare seguendo le indicazioni per le varie aree: la blu, la verde, quella arancione, a seconda del proprio pettorale. La mia è quella blu. Trovo Dario, Lino, Sergio, Cristina. Sono tutti nervosi, eccitati, gasati. Un rapido scambio di impressioni, di sensazioni, di paure, di speranze per questa giornata, per la nostra prova. Fort Wadsworth è affollatissimo, sembra un grande accampamento prima della battaglia. C’è chi ha già iniziato il riscaldamento, chi fa stretching, chi si spalma pomate ed unguenti dagli odori penetranti, chi mangia, chi beve, chi dorme, chi chiacchiera o canta. Si recita anche la messa. La maggior parte dei runners fa la fila davanti ai bagni chimici: noi approfittiamo a più riprese di madre natura. Una voce diffusa da decine di altoparlanti ripete in continuazione, in varie lingue, le istruzioni e gli orari per la partenza. Poi ciascuno lascia il sacco con il proprio cambio ai furgoni UPS perché possano trasportarcelo al traguardo a Central Park. Io guardo per l’ultima volta il mio, mentre lo lascio al volontario che lo impila con centinaia di altri, chiedendomi se riuscirò a terminare la gara, ad arrivare all’arrivo e ritirarlo. Tra una battuta ed uno sfottò con Dario, con Lino, l’ora di entrare nella gabbia arriva all’improvviso. Ci salutiamo. Loro stanno ai primi cancelli, vicini ai “top runners con le scarpe da 150 gr.”. Io sto al “corral G”. Mi attardo un attimo per togliermi il sotto della tuta, per spalmarmi sulle gambe un pò dell’ olio all’arnica che mi ero portato e mi accosto alla mia gabbia. È già chiusa. E’ troppo tardi. Ho perso la mia onda delle 9,40 e devo partire con quella successiva delle 10,00. Mi sento morire. Supplico l’irremovibile volontaria di colore che, totalmente indifferente alle mie richieste, si allontana dall’entrata lasciando chiuso il cancello. Poi arriva un gruppetto di energumeni spagnoli fisici più da lottatori che da maratoneti - nella mia stessa situazione. Fanno la voce grossa, molto grossa, così grossa che la volontaria è costretta ad aprire il cancelletto ed a farli entrare. Mi intrufolo dietro di loro e sono dentro anch’io! Raggiungiamo velocemente quelli della nostra onda che sono già sulla linea di partenza. Il momento è solenne, emozionante, eccitante, travolgente. Uno speaker arringa la folla dei runners che scalpita, saltella, si agita nervosa prima dello sparo. Poi l’inno americano. La tensione è sempre più alta. Poi, finalmente, atteso, liberatorio, il colpo di cannone. La grande avventura comincia. Gli altoparlanti sparano ad un volume incredibile la voce di Frank Sinatra che canta “New York, New York”. Brividi di emozione sulla pelle. I primi, i più forti aggrediscono il ponte ma noi neanche li vediamo. Poi, dapprima lentamente, poi sempre più rapidamente la marea dei maratoneti comincia a muoversi e, dopo un paio di minuti dallo sparo, anche io passo sotto la linea della partenza, faccio partire il Garmin e posso già correre agevolmente.

GO! MARCO! GO!. Il Verrazano Narrows Bridge, con le sue enormi campate, si tinge velocemente dei colori delle maglie, dei pantaloncini di tutti noi che inesorabilmente lo invadiamo. E’ uno spettacolo unico al mondo. E’ facile eccitarsi e frasi trascinare ad una velocità che non è la propria. Molti urlano e si sbracciano davanti alle telecamere.

Fine prima parte - continua.

domenica 22 novembre 2009

Settimana dal 16 al 22 novembre

Settimana faticosa sia per il lavoro che per una sempre più frequente insonnia che in questo periodo mi rovina il riposo. Sono riuscito a correre solo tre volte e sempre sulle forze. In compenso ho fatto tre lavori che mi hanno confortato sulla completa ripresa dalla contrattura alla coscia sinistra capitatami all'inizio del mese.

17/11 - 30 risc. + 12 x 400 mt in 1'28" rec. 1'30" + 10'

Corso all'ora di pranzo di martedì allo Stadio Paolo Rosi.
Giornata stupenda, penso oltre i 20 gradi.
Sempre bello venire a correre allo stadio e poi s'incontra un sacco di gente. Ho rivisto anche Gerardo, uno dei 56 italiani che ha corso Boston 2007 insieme a me. Oggi ho deciso di comprare il pettorale per New York 2010 perchè tutti i racconti ascoltati in queste settimane mi hanno definitivamente convinto della bellezza di questa gara. Certo che un pò di puzza sotto il naso mi resta confrontando i 56 italiani di Boston con i 3600 di New York.

20/11 - 30' risc. + 3 x 2000 mt in 4'10" rec. 500 mt. in 2'30" + 10'

Anche questo allenamento svolto venerdì sera al Paolo Rosi.
Parecchia umidità ma tutto è andato bene senza troppo fatica e finito in progressione. Nello spogliatoio poi ho trovato Marco, un'altro Runner Old Boy come me che conosco da qualche tempo per ragioni extra corsa, che, reduce da NY ha risposto alle mie incalzanti domande sulla maratona. Mi ha stupito molto perchè si è rivelato un attento lettore di questo blog e del movimento dei blogger, per la ricchezza delle informazioni e esperienze interessanti che legge nei nostri ossessivi racconti.
Mi ha anche convinto a partecipare alla Corsa sulla Sicurezza Stradale di domenica a Ponte Milvio.
Devo dire che mi ha convinto facilmente ed oggi sono andato.

22/11 - Gara 10 km Ponte Milvio


Alla fine ho pasticciato con il tasto del cronometro e quindi il tempo finale è stato di 39'46".
Garetta di quartiere ma ben organizzata. Partenza in salita e 2° km in discesa dove bisogna stare attenti, in un tratto, a non cadere per quanto è ripida. Infatti il crono segna 3'37" ma sul garmin ho visto anche 3 e 02. Pago queste velocità al 4° km e poi mi stabilizzo sotto ai 4' a km. Il percorso non è così facile come sembrava anche perchè per due volte si passa dietro il Ministero degli Esteri dove c'è una bella salita.
Purtroppo sono lontano da il tempo fatto a Fiumicino a fine settembre ma con l'allenamento che ho sono più che soddisfatto.
La giornata poi si è prolungata alla Rambla a Maccarese, uno stabilimento di miei amici per festeggiare il compleanno di un loro bambino. Si stava benissimo. I ragazzi giocavano, mia moglie chiaccherava con le sue amiche e io mi sono piazzato steso su un lettino con l'ipod a palla. Godimento puro. Direi giornata perfetta. Corsa, Famiglia, musica. Cosa volere di più.
Questa è la versione di Sweet Jane che mi ha portato in un'altro pianeta. Qui è in versione ridotta, sull'ipod ne ho una da oltre 9 minuti dello stesso gruppo ma con la voce di Patty Smith.

sabato 14 novembre 2009

So Ragazzi!!!!

Dopo un paio di settimane di assenza dal blog ho tanti argomenti da scrivere .
Comincio dall'ultimo.

Ieri sera cena con gli amici blogger al Testaccio. L'occasione è stata colta con l'arrivo di Luciano a Roma, Un blogger di Milano in trasferta a Roma per lavoro.
Serata molto divertente con persone simpatiche unite da una passione comune.
Ci siamo scofonati fritti, pasta e dolci nella migliore tradizione romana.
E' stata anche l'occasione per rivedere Giampiero, Mathias anche lui in trasferta, Giancarlo, Marco, Il mitico The Yogi ( che poi è alto e secco come un chiodo, forse è un suo soprannome di una precedente vita di ozi e cestini della merenda), Gianluca, er Moro, Orlando, Ezio, Brant, Gianluca, Franco, FabioG.
Luciano ci ha raccontato la sua esperienza sul mezzofondo. Deve essere proprio pazzesco e divertente correre 800 e 1.500.

Queste due settimane passate sono state caratterizzate dalla convalescenza dal mio primo vero infortunio.
Dopo qualche corsa di ripresa dalla maratona di Carpi un paio di venerdì fa ero con Roberto allo stadio Paolo Rosi per questo bel lavoretto:
- 30' risc. + 3000 a 4'10" - 3' rip. + 3 x 1000 a 4'00" rip. 2' + 5 x 400 a 3'40"


Era freddo, umido e con poco tempo a disposizione abbiamo anche abbreviato il risc. Era anche la prima volta che il riposo tra le prove era da fermo, fatto sta che al 1° 400, dopo aver agevolmente corso i tratti precedenti, il fastidio che avevo iniziato ad avvertire alla parte posteriore della coscia sx è diventato improvvisamente acutissimo tanto da lasciarmi la gamba rigida prima dei 200 mt.

L'allenamento è naturalmente finito lì e ho dovuto aspettare 10 giorni per farmi passare il dolore tra masaggi, cerotti e stretching.
Altra esperienza fatta.
Da mercoledì ho ripreso a correre piano piano e giovedì già le cose andavano molto meglio.
A proposito di cerotti, Luciano The Coach, mi ha consigliato il CEROTTO BERTELLI. Un cerotto che sviluppa calore. E ce credo! li mortè......... è a base di estratto di peperoncino........... una tortura con la gamba che sembrava prendesse fuoco. Sono riuscito a portarlo un pomeriggio e mezza mattinata, poi sono passato ai più comodi cerotti TransAct.
Mi è avanzato più di mezzo cerotto Bertelli, se qualcuno ne avesse bisogno lo regalo volentieri. Magari posizionato in altre parti del corpo potrebbe contribuire a migliorare il PB.

Dalla prossima settimana si riparte con la tabella, obiettivo Best Woman di Fiumicino del 13 Dicembre.
Ieri sera gli amici esperti mi hanno detto che è una 10 km velocissima. Staremo a vedere se riuscirò a tornare nello stato di grazia di un mese fa e rispararmi un tempo vicino ai 38'11" dell'ultima 10 km. Ci metterei la firma subito.

Corro in allenamento con le Mizuno Raider 12. Mi trovo bene ma ho la sensazione di consumarle troppo velocemente e ultimamente sento molto anche l'impatto con l'avampiede. Con l'inverno mi viene voglia di provare scarpe più protettive e rilassanti. Negli anni passati, quando ho avvertito questa sensazione ho usato le Nike Vomero, per me morbide e protettive. Quest'anno vorrei provare le Asics A3 nimbus o cumulus che mi danno la sensazione di essere comode ma più reattive delle Nike.

Per le scarpe da gara invece ho delle Mizuno Precision 10 che a mia memoria sono le migliori che abbia mai avuto. Le ho usate per la 10 km, la mezza maratona e la maratona e sono state sempre perfette. Rispetto alle precedenti mizuno (tutti i modelli) mi hanno detto che è stata ristretta la pianta (avvicinandole ad una calzata europea) e io le trovo leggere e comode come un guanto.

La prossima settimana sarà anche dedicata a trovare i parametri corretti a livello di pulsazioni, per quanto riguarda le mie soglie aerobiche, anaerobiche e max per impostare bene i lavori senza stare più a guardare troppo le velocità sul garmin. Mi succede che la voglia di andare più forte mi fa andare spesso sotto i tempi a km previsti dalla tabella e l'ultima volta l'ho pagata cara. Ho paura che , se mi fermo di nuovo per infortunio, possa perdere definitivamente la forma acquisita negli allenamenti estivi.